Un paguro, il mal d’Africa e una nuova, propulsiva, forza creatrice! – Preludio

4 STATI, DUE CONTINENTI E DUE ANIME DIVERSE ALLA RICERCA DI SE STESSE

La prima volta che ho messo piede sul suolo africano è stata nell’agosto del 2001. Ricordo ancora il caldo e gli immensi spazi. Da allora numerose altre volte ho solcato la terra rossa e la sabbia dorata che pervadono il grande continente nero.

Ricordo ancora nel luglio del 2008 il mio volo verso il Madagascar. Ero triste di una recente delusione d’amore ed avevo comprato il biglietto cercando più una meta lontana e diversa, che l’Africa stessa. Fu in quel momento, su quel volo da Roma fino allo scalo non previsto di Nairobi e poi sul volo successivo che mi conduceva in Madagascar, che annusai davvero l’Africa per la prima volta. Lo scalo a Nairobi durò poco più di mezz’ora e ci costrinsero a rimanere in cabina. Ma i portelloni li aprirono e gli oblò erano luminosi. Dall’aereo sentii il calore, vidi la savana e le immense distese di terra rossa. E’ come se in quel preciso momento il mio cuore avesse cominciato a pulsare per la prima volta. Ricordo ancora il palpito, l’eccitazione, la voglia di gridare: “lasciatemi qui, perché è questa la mia terra!”.

Il mio Madagascar: un gigante fatiscente e una bambina ancora barcollante alla scoperta del mondo…

Non so cosa successe nel 2009 (una serie di sfortunati eventi!!!), ma so che decisi di andare in quelle regioni non appena avrei potuto: dovevo risentire quel battito!

E così nel 2010, frustrata da 1000 s-fortuiti eventi avversi, optai non solo per l’Africa, ma anche per un nuovo modo di viaggiare, per un nuovo gruppo di sconosciuti con cui partire: una rinascita completa! E così fu!

In Tanzania ho visto spazi immensi di albe e tramonti infuocati, ho respirato polvere rossa senza poterla lavare via, ho camminato di nuovo, per una nuova prima volta, sicura, accanto a nuove spalle con cui ricominciare da zero. Ho visto mamma leonessa con i suoi cuccioli e il ghepardo riposarsi dopo la proficua caccia. Ho sentito nella notte ogni genere di suono animale dal velo della mia tenda che allora mi pareva acciaio. Ho mangiato in una gabbia per evitare di essere mangiata a mia volta e provato meraviglie di sguardi con specie differenti. Sono rimasta abbagliata nello scoprire che una tale quantità di animali possa coesistere nella stessa occhiata umana…E poi ho conosciuto popoli di tratti e forme così diverse da non capacitarsene, coesistere e combattere per una miserrima riserva di cibo, eppur sorridere sempre di una genuina curiosità, di un genuino scambio di sguardi da occhi neri…

In Tanzania, il mio primo vero viaggio “avventuroso”, ho improvvisamente (e silenziosamente) scoperto il mio coraggio. Solo al rientro, mentre con i giorni la razionalità prendeva lo spazio della meraviglia, ho realizzato l’impresa immane che mai avrei potuto pensare di compiere. Il coraggio, la forza, la resistenza, o forse l’incoscienza, si sono insinuate nella mia personalità e ne hanno preso parte, in un angolo remoto di essa, pronta a riemergere non appena le mie scarpe toccano il suolo africano.

E’ così che deve sentirsi un piccolo paguro quando trova il suo guscio: finalmente inattaccabile, invincibile, pronto a compiere prodezze di ogni genere purché la sua conchiglia rubata gli resti appresso ed il suo corpo molliccio sia pronto a ricevere le mille sublimi emozioni che il mondo riserva. E’ così che l’Africa ti entra dentro quando la tocchi: ti copre come un guscio, ti rende incosciente e coraggioso e rafforza qualsiasi molle anima sensibile che circonda.

Aurora in Tanzania tra acacie e Savana…

Rientrata a casa dalla Tanzania mi sono sentita spaesata, come se mi avessero improvvisamente sottratta dalla mia stessa terra e trascinata in un mondo che non mi apparteneva…

Da allora ho davvero cominciato a viaggiare. Ho visto mondi diversi di colori, suoni e culture variopinte. Ho portato le gambe su vette impensate e immerso la testa in acque cristalline.

Una volta, in Marocco, proprio nel suk accanto alla grande piazza Djema el Fnaa, ho nuovamente avvertito l’assenza, ingombrante, del suolo più rosso della terra d’Africa. Ho comprato allora, proprio in quel suk, la collanina che porto sempre al collo e che raffigura il continente. Dicono che il numero dell’Africa sia il 5: 5 grandi fiumi famosi che la attraversano (Nilo, Congo, Niger, Zambesi, Orange), 5 le dita della mano di Fatima (simbolo ripreso dall’Islam ma già presente in molte tradizioni Tuareg e dei popoli nomadi), 5 big five (Leone, Elefante, Bufalo, Rinoceronte, Leopardo) e così via…Mi chiedo spesso perché questo continente sia così fortemente legato ad un numero (cosa che invece per gli altri continenti non avviene)…forse perché il 5 è proprio il simbolo dell’uomo che con la sua mano si è differenziato per la prima volta dal resto degli esseri viventi, o forse chissà…anche per questo occorrerebbe uno studio approfondito!

La grande piazza di Marrakech, l’ombelico del mondo: Djema el Fnaa, da molti chiamata semplicemente “La Place”. Patrimonio dell’Umanità Unesco per la tradizione orale.

Comunque, si narra che quando hai visitato l’Africa almeno 5 volte in almeno 5 paesi diversi, conquisti il diritto di farne parte e puoi portare vicino al cuore il profilo del continente a cui ormai sei indissolubilmente legato.

Ho cercato un posto significativo in cui comprare quel pezzo di metallo da legare per sempre vicino al cuore, e la grande Place di Marrakech mi è sembrata uno dei luoghi più emblematici di tutta l’Africa. Sin da tempo immemorabile, tale piazza è stata il punto di arrivo di tutte le vie carovaniere che provenivano dall’Oriente e da tutto il continente nero. Il fulcro era proprio quella piazza! Ed in essa si sono sempre ritrovati viandanti e curiosi di ogni origine: etnie variopinte e merci strabilianti fanno parte di quella piazza come le sue stesse pietre! E’ inutile dire che è davvero il crocevia di tutto. Non esistono turisti nella grande “Place”, ma solo viandanti che con la loro presenza di oggi, perpetrano semplicemente l’anima della piazza di ieri e del giorno prima, fino a tornare alla notte dei tempi, da sempre fulcro di popoli e di scambi.

Nel momento stesso in cui ho legato a me quel simbolo, ho sentito il richiamo (o forse più “il dovere”) dell’Africa nera orientale e da allora ho ricominciato a sognare un viaggio a sud del Sahara!

Il continente africano è legato per sempre al mio cuore…

Non credo che i paguri sappiano esattamente quale sia la prossima conchiglia da scegliere come casa e come si adatteranno ad essa. Però sono convinta che quando la trovano, la riconoscono “a pelle”, proprio come me con la terra rossa del continente nero…Non sappiamo, né io né i paguri, perché stiamo meglio in un posto, ma è sicuro che non vorremmo mai staccarcene!

“Col prossimo viaggio andrò a Sud”, pensai, voglio rivedere i tramonti, i sorrisi, gli animali, la terra rossa, gli occhi neri e le acque cristalline… Pensai al Malawi, pensai allo Zambia e pensai al Mozambico…

Probabilmente in quello stesso momento due paguri si conobbero e si riconobbero, come case reciproche, come tramonti non più solitari, come acqua che genera vita…

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