Firenze e la cioccolata: storia di un amore a prima vista!

COME MAI LA STORIA DELLA CIOCCOLATA E’ INTRECCIATA CON LA STORIA DI FIRENZE?

Come molti sapranno, Firenze ha dato i natali (o ha cresciuto) molti famosissimi esploratori del passato: da Robert Dudley ad Amerigo Vespucci, da Paolo dal Pozzo Toscanelli fino a Giovanni da Verrazzano, e potrei continuare ancora…

Amerigo Vespucci: uno dei più grandi esploratori della storia fiorentina.

Uno di questi esploratori del passato, forse il meno famoso, ha fatto però alla città di Firenze un dono dolce che è rimasto a nostro uso esclusivo (di noi fiorentini) per secoli.

Stiamo parlando di Francesco Carletti e della cioccolata.

Siamo nel 1593 e Carletti è un giovane ragazzo di appena 17 anni che ancora non sa che l’impresa in cui sta per imbarcarsi (letteralmente) lo porterà ad essere il primo uomo al mondo ad aver circumnavigato il globo in forma privata (senza quindi avere una sua nave).

Il viaggio in cui il giovane diciassettenne Francesco si imbatte dura circa 17 anni e parte dal porto di Livorno. La prima tappa lo porta a Capo Verde, dove acquista degli schiavi da portare nel Nuovo Mondo e noleggia una nave per arrivarci.

Carletti raggiunge quindi il Messico dove vende gli schiavi (che all’epoca venivano impiegati nelle miniere d’argento) e trova un ulteriore passaggio per il Perù, allora terra di grande interesse per le immense riserve di oro che anche il nostro giovane avido esploratore cerca di avere.

In Perù, mentre cerca oro, Carletti trova invece la cioccolata e la assaggia (alla maniera degli indigeni: con latte di capra, stecche di vaniglia e chili). Il Carletti ci descrive nei suoi diari minuziosamente non solo la ricetta (veniva chiamata “cioccolata” perché gli indigeni la chiamavano xoacrat che da fiorentini si trasformava in cioccolatte), ma anche la dipendenza che questa sostanza gli crea.

Il Perù oggi è famoso per gli Incas e Machu Picchu, ma a Francesco Carletti apparve meraviglioso anche per i semi di cacao di cui divenne dipendente!

Fino ad allora solo gli spagnoli avevano assaggiato la cioccolata, ma in semi e non addolcita con vaniglia e latte come aveva fatto Carletti, e quindi non gli era affatto piaciuta, al punto di considerarla solamente una droga dal sapore cattivo e troppo forte.

A questo punto Carletti è diventato dipendente dalla cioccolata, e così, prima di imbarcarsi per il prossimo viaggio, colma la nave con piante e semi di cacao.

Il viaggio prosegue per Acapulco, le Filippine e il Giappone dove incontra Matteo Ricci, un frate gesuita che sta cercando di cristianizzare l’oriente. Dal Giappone circumnaviga l’India fino a Sant’Elena, dove viene purtroppo intercettato da alcuni pirati olandesi che lo derubano di tutto l’oro, l’argento, le stoffe e quanto orgogliosamente guadagnato nel suo lungo viaggio (ancora oggi il pirata olandese Van Warwik è osannato dagli olandesi ma odiato da tutto il resto del mondo a causa delle violente razzie che ha fatto). Carletti viene quindi poi imprigionato in un carcere in Inghilterra.

 

Ferdinando I de Medici interviene ed ottiene dopo qualche anno la liberazione di Carletti dai carceri inglesi e quindi il nostro eroe torna a Firenze dopo circa 10 anni di viaggio e 7 di prigione.

Quando rientra a Firenze, Carletti è un nullatenente ma ancora dipendente dalla cioccolata: i pirati olandesi ed i secondini inglesi, infatti, lo avevano privato di tutto, eccezion fatta dei semi di cacao che ha continuato a coltivare ed assumere in grande quantità. Così, non avendo altro modo per ringraziare coloro che lo avevano liberato dalla prigione, una volta entrato in città mostra alla corte medicea come preparare la cioccolata, come coltivarla e come assumerla riducendone la dipendenza.

In men che non si dica Francesco Carletti trova un posto d’onore alla corte medicea e la cioccolata comincia ad essere coltivata dai ricchi signori della città.

Le memorie scritte da Carletti sul suo lungo viaggio intorno al mondo.

Non tutti sanno però che la Spagna nel 1620 dichiarò la cioccolata soggetta ad embargo. Carletti era tornato a Firenze nel 1610 ed aveva piantato per la prima volta la cioccolata in questa città nello stesso anno. Dato che aveva già cominciato a far nascere semi di cacao in territorio fiorentino da 10 anni, l’embargo spagnolo non poté avere effetto sulla cioccolata fiorentina (unica al mondo!) e Firenze diventò quindi il primo posto al mondo in cui si poteva consumare la cioccolata senza che fosse necessario pagare il permesso spagnolo. Per più di un secolo la cioccolata resterà un cibo tradizionale esclusivamente fiorentino (ricordo che gli spagnoli misero l’embargo sulla cioccolata tardi perché al primo assaggio non gli era piaciuta!!!).

Nel 1700 Firenze diventerà un centro importantissimo per la cioccolata che diventerà, insieme alla porcellana uno dei prodotti distintivi della città.

Rivoire: una delle poche pasticcerie fiorentine a mantenere ancora vive le tradizionali ricette al cioccolato dell’epoca medicea. http://www.rivoire.it/it/catalogo.aspx

Il Granduca Cosimo III de’ Medici porterà il gelsomino a Firenze dall’oriente e inventò, con l’aiuto dell’archiatra speziale Francesco Redi, una preziosissima ricetta che fondeva i due aromi della cioccolata e del gelsomino.

La ricetta del cioccolato al gelsomino pare, infatti, fosse quasi un segreto di Stato, che il Granduca custodiva gelosamente. La ricetta poteva essere diffusa oralmente, ma non doveva essere scritta, affinché l’uso di questa prelibatezza fosse circoscritto alla nobiltà vicina al Granducato, e pertanto la si beveva nei salotti nobiliari, ma nessuno osava divulgarla in forma scritta. Solo dal 1720 la ricetta segreta fu inclusa in un ricettario tuttora conservato negli archivi storici di Firenze:

“Piglia caccao torrefatto, e ripulito e stritolato grossamente libbre 10. Gelsomini freschi sufficienti da mescolar con detto caccao, facendo strato sopra strato in una scatola o altro arnese, e si lasciano stare 24 ore, e poi si levano e si tornano a mettere altrettanti in esso caccao, facendo strato sopra strato come prima; e così ogni 24 ore si mettano gelsomini freschi per dieci o dodici volte. Poi piglia zucchero bianco buono asciuto libbre 8. Vaniglie perfette once 3. Cannella fina perfetta once 6. Ambra grigia scrupoli 2 e secondo l’arte si fa il cioccolatte; avvertendo nel fabbricarlo che la pietra sia poco calda; ma che l’artefice lo lavori che non passi quattro o cinque libbre per massa al più, perché se scaldasse troppo la pietra, e perderebbe il suo odore”.

La ricetta originale della cioccolata al gelsomino trascritta nel ricettario di Francesco Redi.

99

Leave a Comment

Inizia a digitare e premi Enter per effettuare una ricerca