Un paguro, il mal d’Africa e una nuova, propulsiva, forza creatrice! – Capitolo 11

4 STATI, DUE CONTINENTI E DUE ANIME DIVERSE ALLA RICERCA DI SE STESSE

La nostra jeep decise all’unanimità di restare ed attendere, l’altra decise di andare oltre.

Insieme ai nostri compagni di viaggio, altre jeep abbandonarono il campo in cerca di altro. Probabilmente è solo l’inesperienza che ti fa scegliere di cercare altro quando davanti ai tuoi occhi hai un branco di 17 leoni che sta per svegliarsi. Se già hai visto la savana, conosci i suoi ritmi ed i suoi abitanti, allora sai subito che sarà proprio quell’enorme branco a darti le emozioni più intense del safari e non vorresti staccartene più.

Abbiamo atteso in quel silenzio quasi soli nell’oscurità per oltre un’ora. Abbiamo interpretato ogni piccolo movimento dei membri del branco, sperando che fosse l’inizio del loro risveglio. Il nostro “uomo-pila” (il cui unico compito è quello di illuminare la savana con una potentissima torcia non appena cala il buio) era l’unico a muoversi di tanto in tanto: in piedi nel posto passeggeri accanto a James, era il nostro faro su questo spettacolo naturale.

Una parte del branco illuminata dall’uomo pila.

E così, qualcuno dei micro-movimenti dei lontani leoni, a cui ci eravamo abituati e che avevamo interpretato come semplici esercizi di “stretching” pre-risveglio, cominciò ad essere più “organizzato”. Dalla posizione lontana in cui eravamo, abbiamo cominciato a vedere qualcuno che si alzava, si stiracchiava, faceva un paio di passi, e poi si riaccucciava. E dopo il primo, anche il secondo, stessi movimenti. Leoni e leonesse ugualmente regali, i leoncini con qualche difficoltà di coordinazione delle zampe. Era come se si stesse svegliando il mondo, come un’alba africana, con quella sensazione che qualcosa di nuovo stia iniziando, e con quella forza ed imponenza che solo la natura, e solamente in determinati rarissimi casi, sa mostrare.

Poi, una delle 5 leonesse decise che era giunto il momento di svegliarsi: si alzò e con fare deciso si incamminò verso il fiume. Fece qualche passo e poi si voltò indietro a guardare le compagne, come a spronarle. Fu allora che anche le altre 4 femmine del branco si alzarono e tutte in fila indiana e con passo lento, si avviarono. L’ultima leonessa non ebbe il tempo di cominciare il suo cammino, che i 3 leoni maschi si alzarono contemporaneamente (e maestosamente aggiungerei). E come si alzarono i maschi, con una piccola carezza sul muso, si alzarono anche i cuccioli. Non dimenticherò mai le 17 sagome che in fila indiana attraversavano l’oscurità della radura, illuminate dai nostri fari giganti: aprivano la strada le 5 femmine, poi i 9 cuccioli, e a chiudere i 3 imponenti maschi. Li abbiamo seguiti con lo sguardo finché non sono arrivati al piccolo corso d’acqua, dove si sono abbeverati con calma e poi si sono riaccucciati, mentre i piccoli giocavano spensierati.

Il risveglio…

James, del quale adesso ormai mi fidavo ciecamente, ci disse che era arrivato il momento per il branco di dividersi: una parte sarebbe andata a caccia, mentre gli altri sarebbero tornati nel posto di prima a giocare e dormire con i cuccioli. Adesso avremmo dovuto lasciarli in pace: non sarebbe stato corretto seguirli nella caccia o nei giochi perché non sarebbero stati naturali con così tante jeep intorno (che nel frattempo erano aumentate, ma di Andrea e gli altri, nessuna traccia).

A malincuore ci siamo allontanati dal grande branco, ma con nel petto l’emozione di un risveglio mai immaginato prima. Abbiamo girovagato per il parco, al buio, per circa un’altra mezz’ora senza vedere niente di interessante. E poi James ci ha chiesto se volevamo andare a dare un’ultima occhiata al grande branco.

Io e il nostro fidato driver James

Siamo partiti velocemente alla volta della radura, col vento freddo che ci scuoteva la pelle sopra le jeep.

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