Viaggio in Etiopia – Parte 3 Storia

Lasciamo quindi la regione del Tigray per entrare in quella Amhara e poi Oromo (comprenderò la descrizione della città di Axum nella parte “storica” per esigenze di scrittura anche se fa parte della regione del Tigray).

Incontri

E’ la volta delle grandi città e della parte cosiddetta “storica”. Axum, Lalibela, Gondar sono pronte ad accoglierci con nuove meraviglie, nuovi percorsi, nuovi paesaggi mutevoli e a tutti gli effetti un nuovo viaggio nel viaggio.

La prima città storica che incontriamo è Axum, in realtà ancora considerata all’interno della regione del Tigray, ma molto più frequentata dal turismo (quando parlo di turismo in Etiopia, non pensate al nostro! Il turismo etiope è ben più modesto rispetto all’invasione a cui siamo abituati in Italia!). Antica capitale del regno di Axum, fiorita intorno all’anno 0 fino a circa il VII secolo, patrimonio dell’UNESCO, custode dell’Arca dell’Alleanza (ma questa è visibile solo dai sommi sacerdoti di Axum) e probabilmente sede del famoso Palazzo della Regina di Saba. Ad Axum si incontrano quindi 3 religioni: il Cristianesimo, l’Ebraismo e l’Islam.

La nuova chiesa di Santa Maria di Sion

Sguardi etiopi

“Secondo i testi sacri etiopi, la regina di Saba venuta a conoscenza della grande saggezza di Salomone, decise di affrontare il lungo viaggio fino a Gerusalemme per conoscerlo. Durante quell’incontro sarebbe stato concepito un figlio, che divenne poi sovrano in Etiopia con il nome di Menelik I. Una volta divenuto grande, il sovrano sarebbe tornato a Gerusalemme per conoscere Salomone e lì avrebbe trafugato l’Arca dell’alleanza: la preziosa scatola che custodiva le tavole dei dieci comandamenti.”[1]

Varie sono le interpretazioni storiche che circondano la città ma una cosa è sicura: i reperti archeologici finora scoperti qui, hanno molto da raccontare.

Il parco delle steli di Axum

Ad Axum si osserva come prima cosa la spianata delle steli settentrionali: una distesa di monoliti granitici (circa 60) egregiamente scolpiti, risalenti al III o IV secolo d.C. (il periodo d’oro del regno axumita) tra le quali si può anche vedere, finalmente ritornata al suo luogo originale, quella trafugata dagli italiani durante il periodo fascista e riportata qui solamente nel 2003. Altre cose interessanti da visitare sono le tombe del parco stesso, ormai completamente depredate nei secoli ma che celano ancora misteri sulle abilità costruttive degli axumiti di due millenni fa; si possono visitare anche la piscina della regina di Saba e il “presunto” palazzo della Regina di Saba (questo incerto). Forse però la cosa che richiama più visitatori di questa città è la Chiesa di Santa Maria di Sion: qui si trovano due chiese ortodosse (una antica ed una recente) ed una piccola cappella: è questo uno dei luoghi di culto più importanti della cristianità. E’ nella piccola cappella che viene custodita l’originale Arca dell’Alleanza, mentre le due chiese sono state erette in periodi successivi sulle rovine di altre chiese: pare che questo sia stato un centro importante dell’intera cristianità sin dagli albori di questa religione. Qualcuno dice che fu Dio stesso a decidere di edificare qui una delle sue chiese.

 

Ci lasciamo Axum alle spalle per dirigerci verso un’altra località di culto leggendaria: Lalibela, la Gerusalemme d’Etiopia.

Per le strade di Lalibela…

A differenza di quanto mi sarei aspettata (una località di culto importantissima frequentata da centinaia di migliaia di pellegrini e invasa dalla gente e magari anche dai pullman), Lalibela è piccola, con poche strutture ricettive. Le strade che giungono a Lalibela sono tutte sterrate e tortuose e anche in città manca l’asfalto. Dalla finestra della camera dell’hotel vedevo tutta la vallata su cui la piccola cittadina si inerpica, si udivano i versi degli animali da pascolo e l’impressione era quella di un piccolo presepe, paese di pastori e gente semplice dedita al culto.

Il cuore di Lalibela, a 2500 mt di altitudine, sono indubbiamente le sue 11 chiese rupestri scavate nella roccia, patrimonio UNESCO e centro di pellegrinaggi di fondamentale importanza per la Chiesa Cristiana Ortodossa Etiope..[2]

Si narra che il Re Gebre Mesqel Lalibela, visitò Gerusalemme e ricevette lì da Dio stesso l’ordine di farne una replica in Etiopia, dove porre la capitale del regno. Le chiese monolitiche furono scavate tutte tra il 1181 e il 1221, sono circondate da fossati e scavate a 15 metri di profondità in una roccia molto fragile e per questo protette da alcuni antiestetici pannelli.

Bet Giorgis a Lalibela

Le 11 chiese sono: la Biete Medhane Alem (Casa del Salvatore del Mondo), sede della Croce di Lalibela, si ritiene essere la più grande chiesa monolitica del mondo, probabilmente una copia di Nostra Signora di Sion in Axum; la Biete Maryam (Casa di Miriam / Casa di Maria), forse la più antica delle chiese, e una replica delle Tombe di Adamo e di Cristo; la Biete Golgotha Mikael (Casa del Golgota Mikael), nota per le sue pitture murali e che si dice contenga la tomba del re Lalibela); la Biete Maskal (Casa della Croce); la Biete Denagel (Casa delle Vergini); Bet Giorgis (Chiesa di San Giorgio), considerata la chiesa più finemente eseguita e meglio conservata (nonché la più ritratta nelle fotografie); la Bet Amanuel (Casa dell’Emmanuel), forse l’ex cappella reale; la Biete Qeddus Mercoreus (Casa di S. Mercoreos / Casa di San Marco), che pare sia stata anche una ex prigione; la Biete Abba Libanos (Casa dell’Abuna Libanos); la Biete Gabriel-Rufael (Casa degli angeli Gabriele e Raffaele), forse un antico palazzo reale, collegato a un panificio sacro; la Biete Lehem (Betlemme: Casa del Sacro Pane)[3].

Un sacerdote in riunione a Lalibela

Di tutte forse la più impressionante è proprio l’isolata Bet Giorgis (San Giorgio), scavata dall’alto al basso, blocco unico di pietra scalfita da mani sapienti e millenarie. Bet Georges è uno di quei capolavori che ti fanno sentire umile e ti spingono a credere nell’esistenza di qualcosa, anche solo per il fatto che qualcuno l’abbia costruito (o, meglio, scavato).

Chiacchere a Lalibela

Mentre camminiamo tra le chiese, togliendo le scarpe prima di entrare e rimettendole per inerpicarci tra gli stretti vicoli che conducono alla chiesa successiva, intorno a noi i fedeli ed i sacerdoti pregano, cantano, leggono i testi sacri, parlano l’uno con l’altro. Lungo i vicoli di questa piccola Gerusalemme, tutto odora di spiritualità, che siate credenti o atei. Ci imbattiamo in una cerimonia di canti e preghiere, fatta da sacerdoti con volti di rughe che sembrano raccontare la storia del mondo, poi la cerimonia finisce ma ne comincia subito un’altra, poco distante…L’intera giornata nel cuore di Lalibela procede al passo di preghiere, canti e metti-togli scarpe, croci e volti illuminati dalle candele nelle chiese scure…Non saprei trovare similitudini a cui far riferimento: niente è uguale o largamente comparabile a Lalibela…Forse è giunto il momento per me di vedere anche la vera Gerusalemme…comincerò a progettare il viaggio!

Letture sacre a Lalibela

Lalibela, lasciati i vicoli tortuosi del centro religioso, ci saluta col suo passo adagio di pastori sulle strade sterrate. Salutare questo presepe vivente è come risvegliarsi da un sogno senza tempo…

 

E’ la volta di Gondar!

Gondar è una bellissima sorpresa! Siamo svegliati dalle celebrazioni della domenica e ci ritroviamo in mezzo ai fedeli vestiti di bianco che pregano per le strade davanti alle chiese: dobbiamo aspettare la fine dei riti per poter accedere ai siti archeologici, ma ne vale assolutamente la pena!

Celebrazioni sacre a Gondar

Gondar è anche detta la Camelot d’Africa, ma la nostra guida dice “Camelot è leggenda, Gondar è realtà”: la guida non ha affatto torto! Entriamo nella cittadella e scopriamo un tesoro fatto di antichi castelli, biblioteche, scuderie, palazzi, sale dei leoni, sale dei banchetti, ecc. Entrando nella cittadella di Gondar scavalchiamo nuovamente il muro del tempo e ci ritroviamo ad immaginare dame e cavalieri etiopi nell’antica e rigogliosa capitale del regno. Ogni imperatore o imperatrice ha fatto costruire all’interno di queste mura il suo palazzo ed il colpo d’occhio di così tanti castelli insieme adagiati su un prato che domina il centro di una valle rigogliosa, ancora oggi è impressionante.

Gondar venne fondata dall’Imperatore Fasilide attorno al 1635 e crebbe come centro agricolo ed emporio commerciale, in quanto si trovava lungo le grandi vie carovaniere del commercio. 6 imperatori hanno costruito qui il loro castello, rendendola di fatto l’antica capitale. La città mantenne il ruolo di capitale dell’Etiopia fino al regno di Teodoro II che, dopo la sua incoronazione avvenuta nel 1855, spostò la capitale imperiale a Magdala. Gondar venne quindi saccheggiata e data alle fiamme più volte. L’Italia, nel corso della Guerra d’Etiopia, occupò la città nel 1936. Sotto l’occupazione italiana Gondar sperimentò un certo sviluppo urbanistico e fu dotata di un piano regolatore, opera di Gherardo Bosio. Nel 1938, per iniziativa del governatore Mezzetti, il Genio militare iniziò a restaurare alcuni dei principali edifici storici della città, in particolare il Castello e i Bagni di Fasilide.

I famosi Bagni di Fasilide a Gondar

Ecco, i Bagni di Fasilide sono forse l’aspetto più emozionante di Gondar, e ancora oggi carichi di tradizione e significati. Si narra che siano stati costruiti perché l’imperatore Fasil Ghebbi fosse malato di lebbra e, per lenire i suoi dolori, dovesse fare continue abluzioni. Ogni anno, in occasione del Timkat (la festa più importante della chiesa ortodossa copta che corrisponde alla nostra epifania), la vasca rettangolare che circonda questo castello viene riempita con le acque di un fiume che dista oltre 500Km e, dopo la benedizione da parte del sacerdote, la folla di fedeli vi si immerge per celebrare il battesimo di Cristo nel Giordano. Anche senza fedeli lo spettacolo è surreale: un castello circondato dall’acqua a sua volta circondato da un parco in cui si stagliano alberi secolari.

Insomma, Gondar la si vede alla fine di un percorso che attraversa la storia del paese ma invece di deluderci, ci sorprende!

 

Il ritorno alla “normalità” sarà graduale… Gli alberghi diventano via via sempre più simili ai nostri, i ristoranti, le persone più abituate a parlare con lo straniero.

Le cascate che segnano la sorgente del Nilo Azzurro

Prima tappa di quest’ultima parte del viaggio è il trekking per andare a visitare le sorgenti del Nilo Azzurro. Avevo già visto le sorgenti del Nilo Bianco, in Uganda, famose anche perché Gandhi le scelse tra i luoghi nel mondo in cui vennero sparse le sue ceneri. Le sorgenti del Nilo Bianco sono forse più spettacolari (una bella cascata ne segna l’origine) ma più sommesse: in pochi vengono a visitarle. Vi si giunge a piedi con una piccola camminata da un’oretta accompagnati dai fedeli che si recano spesso a portare i loro doni ai sacerdoti eremiti della zona. Una volta davanti alla cascata ci si ferma: da qui origina uno dei fiumi più importanti della storia dell’umanità. Niente intorno lo ricorda, ma tutti lo sanno, come parte di un corredo genetico archetipico di ognuno di noi…

Ippopotamo sul Lago Tana

Una delle chiese che si incontrano nelle isole del Lago Tana

L’indomani è la volta di un giro in barca sul Lago Tana. Nel lago nuotano indisturbate alcune famiglie di ippopotami e molti pescatori con le loro canoe si procurano il pasto giornaliero. Le varie isolette che vi emergono sono piccole e ciascuna dotata di una chiesa. Ogni isola richiede una tassa da pagare per poterla visitare e noi siamo stanchi…vediamo un’isola, una chiesa come sempre affrescata e poi ci godiamo la giornata di rientro verso la capitale.

Pescatore all’alba sul Lago Tana

La strada per Addis Abeba è diversa da quelle fatte finora. Adesso abbiamo l’asfalto lungo tutto il tragitto. Ci sono villaggi, benzinai e molte possibilità di fare soste per comprare da mangiare o andare in bagno. I paesaggi sono meno aridi e più dolci, mentre scene bucoliche si affacciano al finestrino.

Scene bucoliche lungo la strada

La trebbiatura del tef

Contadini del tef

Lavori faticosi

Ci fermiamo stupiti a guardare alcuni agricoltori intenti nella trebbiatura del tef, il cereale tipico etiope usato per fare la injera: un pane acidulo che accompagna ogni loro piatto. La scena che si para davanti ai nostri occhi sembra uscita dai versi di Virgilio: i buoi che camminano in cerchio spinti dalle incitazioni dei contadini, i bambini ad osservare il lavoro dei genitori, odore di graminacee tutto intorno.

Controllo qualità

Controllo qualità

Il trebbiatore

I bambini osservano il lavoro dei padri nella trebbiatura

Torniamo alle auto ed infine giungiamo nella capitale.

Addis Abeba vista dall’alto con la sua cappa…

I rocamboleschi palazzi in costruzione etiopi

Addis Abeba è il caos. Addis Abeba è un contenitore multiforme di storie, colore, popoli, tradizioni, innovazioni e lavori in corso. Il museo etnologico ci racconta la storia delle popolazioni che abitano questa terra, mentre le cattedrali, gremite di fedeli di bianco vestite nei festeggiamenti della domenica, ce ne raccontano il presente. I vicoli pullulano di gente indaffarata, palazzi in perenne costruzione ci circondano. Compriamo il famoso caffè da riportare a casa, mangiamo un’ultima, acidula, ingera e dopo l’ultima notte siamo pronti per volare verso casa.

Riti in onore di Maria davanti alle chiese della capitale

Preghiere per Maria

L’Etiopia è una nazione multiforme, multietnica, profondamente spirituale e spaccata da mille contrasti.

Sono 80 i gruppi etnici che abitano l’Etiopia: Oromo 25,4 (34,4%), Amhara19,9 (27,0%), Somalo4,59 (6,22%), Tigrini4,49 (6,08%), Sidama2,95 (4,00%), Gurage1,86 (2,52%), Welayta1,68 (2,27%), Lontano1,28 , 1,73%), Hadiya1,27 (1,72%), Gamo1,10 (1,49%), Altri9,30 (12,6%). Molte le lingue parlate anche se solo una ufficiale. Ogni gruppo etnico è stato storicamente messo in contrapposizione con gli altri, così che oggi si ritrovano ad essere nemici. Fino al 2018 il governo etiope era composto prevalentemente da tigrini, che hanno inflitto agli altri dure restrizioni. Poi nel 2018, dopo sanguinose proteste, viene eletto come primo ministro un Oromo: Abiy Ahmed Ali. E’ un fatto storico perché in Etiopia l’etnia Oromo, la più popolosa, storicamente era stata anche la più sottomessa. Comincia la trasformazione e nell’Ottobre dello stesso anno viene eletta la prima donna Presidente d’Etiopia: Sahle-Uork Zeudé. Iniziano le trasformazioni: fatta eccezione dei tigrini che, vedendo diminuire il proprio potere in cambio dello stesso che viene dato alle altre etnie, sbuffano ancora e gli Afar, da sempre anarchici, indipendenti e insofferenti verso qualsiasi forma di governo, tutte le altre etnie ritrovano la pace tra loro, e soprattutto una voce in parlamento che adesso rappresenta pienamente la percentuale etnica della nazione. Molte guerre sembrano finite, ma dall’estero arrivano ogni giorno autotreni vuoti e ripartono carichi di materie prime depredando di fatto questo popolo della loro ricchezza ancora oggi. Tanto è stato fatto per risollevare le sorti di questa splendida nazione, tanto è ancora da fare: la speranza stavolta è quella di essere sulla giusta strada (non a caso Abiy Ahmed Ali ha vinto il premio Nobel per la pace nel 2019).

Musici improvvisati lungo la strada

Bimbo al confine tra la Dancalia e il Tigray

L’Etiopia è un paese duro, estremo, forte. Il suo popolo è spirituale, resiliente, combattivo. Non si esce da questo paese senza la mente piena di riflessioni…

Al mercato…

Contadino al mercato

Molte donne trasportano fogliame per le ripide vie di Addis

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